Esule,
come i grandi della storia.
Mi dico
per silenziare le mie pene.
Ma è un dire
che fa sbocciare una risata
sui baffi di un grosso gatto
affumicato.L’hanno appeso nella vetrina
a testa in giù.
Leggo: Modernariato anni ’50.
Tintinna la campanella della porta:
– Posso guardare? – chiedo
e faccio un salto,
un orso polveroso salta giù
e io mi scosto appena appena in tempo
perché non impiastricci
la mia giacca.
Rosso rubino, l’ho comprata ieri
sul banco di un mercatino dell’usato.– Ciao! – una ranocchia mi saluta
mentre m’impiglio
a un lampadario addormentato
sul pavimento
a losanghe bianche e blu.
All’improvviso, mentre lavoro
o giro per casa
mentre ascolto musica
o rispondo
a offerte di lavoro inesistenti
un pianto terribile mi assale.
Un ricordo repentino si affaccia
il suono di una piccola voce
udita appena un’ora prima.– Ho messo gli orecchini a coccinella.
Quando vieni?
Sono stata dal dottore stamattina.
Mi ha tolto un vermetto dal dentino.Anch’io ho un verme
grosso come un drago.
Nascosto in qualche posto
mi sta mangiando il cuore.Anch’io dal dentista andrò domani
ma senza coccinelle a orecchini.
Porterò due pendenti dondolanti
e tacchi a spillo
per inciampare prima.– Quanto ci metti ad arrivare?
Io ti voglio!
Quanto è lunga questa strada?
Vieni prima!
Mi dice impertinente la vocina.Rispondo, sorridente alla bambina
Che insiste per riavere la mia mano.